Gustavo Minas è un fotografo brasiliano che fa della streetphotography un’arte.
In questa intervista con lui parliamo di alcuni dei suoi progetti, di come se la passa la fotografia in Brasile, delle differenze tra Sao Paolo e Brasilia e molto altro ancora…
Come hai iniziato a fotografare? Quali sono stati i passaggi fondamentali della tua carriera?
Faccio foto dal ‘98, quando ero ancora a scuola e scattavo le feste con i compagni, i barbecue, la mia ragazza ecc… Durante il periodo dell’università ho imparato le tecniche fondamentali ed il lavoro in camera oscura. Solo nel 2007 però ho iniziato ad interessarmi seriamente alla fotografia. Lavoravo tutto il giorno come giornalista in un quotidiano di São Paulo -weekend inclusi- e questo mi stava uccidendo. Ho sentito la necessità di fare qualcosa per il mio piacere personale, per rendere un po’ più avventurosa la mia vita…e così ho comprato una camera digitale ed ho iniziato ad esplorare la mia città.
Nel 2009, mi sono iscritto in un corso di un anno con Carlos Moreira, uno dei più grandi maestri nel panorama brasiliano che ha cambiato la mia vita, mostrandomi la fotografia come un modo per esprimersi, per scoprirsi e per esplorare il mondo allo stesso tempo. Ho scoperto i lavori di Gruyaert, Alex Webb e Gueorgui Pinkhassov e, attraverso il loro modo di utilizzare la luce ed il colore, è cambiato il mio modo di vedere il mondo.
In che situazione si trova la fotografia in Brasile?
È molto difficile definire la fotografia in un paese come il Brasile, che in realtà è un continente. Di che fotografia parliamo? Quella che al momento riceve maggiore attenzione (dalle gallerie e per quanto riguarda i finanziamenti e i premi) è qualcosa di molto vicino alla fotografia concettuale, con il fotografo che usa le immagini per illustrare un’idea. Ci sono poi molti che seguono una tradizione documentaristica, che è molto forte in Brasile a partire dagli anni ‘60. Molti fotografi poi seguono progetti personali, facendolo con dedizione, e questo è quello che mi interessa di più. E ovviamente abbiamo molti che si dedicano alla street photography…
Qual’è la tua definizione di streetphotography? Quali sono gli elementi che ti intrigano di più?
Per me streetphotography significa vagare per le città con la testa sgombra il più possibile, cercando di fotografare quello che cattura la mia attenzione in un modo visivamente piacevole.
Quello che più mi intriga, e che mi fa andare avanti, è il fatto che ogni volta che esco di casa non so mai cosa troverò…se esco 15 secondi prima o dopo, se giro su una strada o su un’altra, avrò delle immagini completamente diverse. Ma a conti fatti le immagini non contano poi così tanto – molto di più (o comunque così dovrebbe essere) pesano le esperienze e le situazioni con cui ci confrontiamo proprio perché abbiamo deciso di uscire e fotografare ciò che ci circonda.
A San Paolo sono ambientate due tue serie fotografiche (São Paulo e Rodoviària). Qual’è l’aspetto che ti intriga di più di questa città?
Mi dispiace! In realtà la serie Rodoviària è ambientata a Brasilia.
Sono due città molto diverse. Brasilia è una città con un ritmo molto più rilassato, piena di spazi vuoti che possono rivelarsi noiosissimi da fotografare. Devi darti da fare per trovare una scena street da scattare e puoi camminare per ore su marciapiedi deserti. Certo, allo stesso tempo tutto questo la rende una città molto rilassante. Inoltre ha una luce straordinaria durante l’inverno, con un clima secco che non ci fa vedere una nuovola per tre/quattro mesi. Al contario però l’estate è molto umida.
São Paulo è una città multietnica e molto complessa, con gli scenari che cambiano bruscamente da un quartiere all’altro. Posso camminare per la città tutto il giorno e ancora perdermi qualcosa. Ha molte zone parecchio trafficate, con molta gente diversa e sempre qualche evento in corso. D’altra parte, può essere una città molto stressante, dove per spostarsi ci vogliono delle ore.
“O parto” (Il parto) è una serie molto interessante…da dove è nata l’idea? Cosa vuoi trasmettere sull’argomento con le tue immagini? Cosa hai scoperto sulla gravidanza attraverso la fotografia?
Proprio come ogni mia altra serie, anche questa è venuta fuori con naturalezza, “organicamente”. Oltre alle fotografie negli spazi pubblici, registro continuamente la mia vita privata e le persone che mi sono vicine. Mi sono ritrovato quindi a scattare molte foto di Priscila, la mia ragazza, durante la gravidanza – la quale era inaspettata, per cui attraversata da alcuni momenti di tensione. Il parto di nostra figlia Violeta è stato molto lungo, all’incirca 20 ore, e perciò nei momenti in cui non potevo essere d’aiuto ho scelto di fare alcune foto per noi. Priscila aveva trovato grande coraggio guardando i filmini e le foto dei parti di altre donne durante la sua gravidanza. Eravamo aiutati anche da una doula e da un pediatra, perciò certamente non mi sentivo di abbandonarla a se stessa. La mia intenzione non era quella di documentare un parto in casa, ma piuttosto di registrare un momento così importante per la nostra famiglia…senza dubbio però queste immagini sono aperte a molteplici interpretazioni…Tutta questa storia non ha fatto altro che confermare il ruolo che la fotografia svolge nella mia vita: è una compagna per ogni momento, facile o difficile…un modo per registrare la mia vita ed un mezzo per cercare di capire il mondo attorno a me.
“Frente fria em Havana” è una serie sulla capitale cubana. Cosa ti ha lasciato il tuo viaggio lì? Quali aspetti della città tratti nella tua seria?
Sono andato a gennaio 2018, e mi aspettavo i giorni assolati che siamo abituati a vedere nei lavori di Alex Webb e David Alan Harvey, ma c’era un fronte di freddo che veniva dagli Stati Uniti e questo ha cambiato tutto lo scenario. Non mi ero portato vestiti invernali, così ho passato molto tempo all’interno dei bar, a fumare sigari, bere rum e parlare con la gente del posto e fotografarne un paio, cosa che di solito non faccio. All’inizio ero frustrato per l’assenza di luce, ma per fortuna sono riuscito ad approfittare di questa condizione apparentemente avversa utilizzando un approccio diverso. Il risultato sono delle immagini molto più malinconiche di quelle che mi aspettavo, forse rivelatrici di qualcosa di me e di chi viaggia da solo. È stata comunque una esperienza breve, e voglio sicuramente tornare presto a Cuba.
In che modo questo tempo segnato dalla pandemia Covid-19 ha condizionato la tua fotografia? Cosa hai fatto in questo periodo?
Certamente questo periodo ha condizionato parecchio la mia fotografia. La cosa più ovvia, è che non potendo viaggiare sto fotografando solo nella mia città Brasilia, e devo dire che mi sono sentito limitato in questo. In questi giorni poi le persone sono molto più sospettose di uno che gira con una macchina fotografica ed in più siamo tutti con il volto coperto, costringendo quindi noi fotografi a catturare le espressioni delle persone solo utilizzando lo sguardo.
Al di fuori della fotografia ho anche un lavoro e di questi tempi ho lavorato da remoto, passando tanto tempo con mia moglie e mia figlia…insomma, ho preso questo periodo per infoltire un po’ le mie foto di famiglia!
Ho documentato la vita quotidiana a Brasilia durante la pandemia…ma come sempre l’ho fatto senza un’idea ben precisa in mente, fotografando semplicemente ciò che attirava la mia attenzione mentre camminavo.
Un fotografo che ci vuoi consigliare?
Non riesco a nominare una sola persona, quindi piuttosto consiglio ai lettori di andare a vedere i miei ultimi post qui.
Faccio uno showcase, con dei brevi commenti, riugardo alcuni fotografi brasiliani.
Un artista che ti ha influenzato particolarmente? In che modo?
Carlos Moreira. Mi ha insegnato a fotografare per piacere personale e ad utilizzare questo mezzo per esprimermi…per scoprire il mondo e me stesso. Mi parlava spesso di come la fotografia sia soprattutto fiction e un’operazione di creazione. Oltre a queste cose, mi ha insegnato moltissimo riguardo alla composizione, la luce, il colore e tutti gli altri aspetti che avevo bisogno di sapere mentre ero all’inizio dello studio della fotografia come linguaggio.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Guarda, veramente non so che dire. Spero solo che tutto questo finisca presto e di poter tornare a viaggiare.
Ci sono però delle novità interessanti: la mia serie “Bus Station” sarà presente alla Biennale Architettura di Venezia 2021 nel padiglione Brasile. Purtroppo temo proprio che non riuscirò a vederla…
Credits: Gustavo Minas
Ecco alcuni contatti per seguire tutti i suoi lavori:
Website: https://www.gustavominas.com/
Instagram: https://www.instagram.com/gustavominas/